Sulle prime volevo deridere Davi il massmediologo (che lavoro è, il mass? boh), ma la cosa è tanto squallida, che è meglio parlare di storia. Figuratevi se se ne ricorda qualcuno: Stato, Università, Regioni, eccetera… Se ne sono fregati di san Francesco di Paola, pensate che commemorino un fatto storico, una guerra? Non sia mai! Nel luglio del 1820, a Nola…
Ma servono premesse, e sarò breve.
Dopo il 1813, la posizione di Gioacchino Murat era ambigua: si era alleato, secondo lui, con Austria e Gran Bretagna; attaccò il Regno d’Italia del cognato Napoleone; partecipò, tramite Carlo Filangieri poi principe di Satriano e duca di Cardinale, al Congresso di Vienna.
Quando temette che le cose si mettessero male, fece guerra all’Austria, arrivò in Lombardia, si ritirò nelle Marche, venne sconfitto a Tolentino il 30 maggio del 1815; morì fucilato a Pizzo il seguente 13 ottobre.
Intanto Florestano Pepe, il reduce da Russia Danzica Lipsia Lombardia, aveva ricondotto l’esercito a Napoli; lì i murattiani si accordarono (Convenzione di Casalanza) con Ferdinando di Borbone, dal 1806 in Sicilia; questi tornò, abrogò la costituzione siciliana del 1812, e l’8 dicembre 1816 costituì il Regno delle Due Sicilie, di fatto annettendo la Sicilia a Napoli dopo un’indipendenza che durava dal 1282.
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In cambio, i murattiani mantennero gradi e titoli nobiliari, e, quel che contava, le terre privatizzate e comprate a due soldi, i latifondi che gli arricchiti spacciarono falsamente per feudali.
Era un compromesso insincero da entrambe le parti; e intanto i murattiani speravano di ottenere da Ferdinando quello che non si erano mai sognati di avere da Giuseppe e da Gioacchino, un assetto di monarchia costituzionale. Questa, nominalmente, era stata concessa da Giuseppe (Costituzione di Baiona), ma i primi carbonari che la pretesero davvero finirono fucilati da Murat.
Nel luglio del 1820, alla notizia di moti militari in Spagna, si sollevò un reparto a Nola, guidato da Silvati e da Morelli di Monteleone (Vibo). Ferdinando mandò da Salerno a reprimerli Guglielmo Pepe, fratello di Florestano; e invece si mise alla testa degli insorti, e marciò su Napoli. Ferdinando concesse la costituzione “spagnola”. Ne derivò un parlamento di avvocati meridionali su tutto litigiosi e concludenti su nulla: come i nostri deputati e senatori odierni, del resto.
Detto fatto, la Sicilia si ribellò a Napoli. Il parlamento, d’accordo solo su questo, mandò Florestano Pepe, il quale però, con saggezza, stava trovando una soluzione politica; lo sostituirono con il brutale Pietro Colletta, che usò il pugno di ferro, acuendo gli odi. Donde la rivolta del 1848… e il 1860.
Intanto la Santa Alleanza convocava a Lubiana il re, e gli ordinava di ritirare la costituzione.
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Un esercito austriaco marciò su Napoli, riconducendo con sé lo stesso Ferdinando. Il Regno si preparò alla guerra sotto il comando nominale del principe Francesco (il futuro re Francesco I, 1825-30), ed effettivo di Florestano Pepe. Il suo piano era di affrontare l’invasione in Terra di lavoro (Caserta), con manovre adeguate e giovandosi della superiorità numerica; i generali, tra cui il Colletta, tutti in ripicche tra loro, non prestarono attenzione ai suoi ordini;
Guglielmo, mandato a tenere gli Abruzzi, decise di farsi una guerra per conto suo, e arrivò a Rieti, nel Pontificio; fu subito attaccato e sconfitto dagli Austriaci. Questi arrivarono a Caserta, trovando il nemico in ordine sparso; e mentre i soldati si rifiutavano di combattere contro il re.
Così andarono le cose; e con lo stesso disordine e la stessa litigiosità continuano ad andare nel 2020, nel Meridione.
Florestano morì a Napoli nel 1851; Guglielmo, dopo vicende che narreremo altra volta, nel ’55 a Torino.
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Ho rappresentato tutto questo a Squillace, anni fa; ho messo in scena l’epico Processo a Guglielmo Pepe avendo come battagliero avversario Guido Rhodio; e a Sant’Andrea ricordando l’eccidio del 1806 e madama Rosanna; dovevo dare un lavoro a Catanzaro il 4 maggio, proprio nella caserma Pepe, ma il virus me lo impedì. Vedremo appena possibile.
A proposito, la caserma è intitolata a Florestano, mica a Guglielmo come invece pensano tutti. In compenso, Guglielmo ha una possente statua a Venezia, ed è tra i protagonisti del romanzo del Nievo.
In Calabria, con rare eccezioni, se ne fregano e di Guglielmo e di Florestano, come di Sirleto, e di Giglio e di qualunque cosa sia calabrese… solo ridicoli sbarchi di Ulisse, e antimafia segue cena, e piagnistei ben retribuiti.
E per farsi pubblicità, la Calabria chiama il massmediologo chi era costui?
Ulderico Nisticò