Scoperta un’area archeologica che potrebbe risalire agli insediamenti cassiodorei

La notizia è di quelle clamorose e riguarda un avvenimento di notevole portata storica e culturale. Nei giorni scorsi, un gruppo di ambientalisti e della Pro loco di Squillace, composto, tra gli altri, dai cultori di storia locale Daniele Cristofaro, Agazio Gagliardi e Agazio Mellace, hanno fatto una fortuita scoperta archeologica, che interessa una vasta area, a meno di mezzo chilometro a sud del Santuario della Madonna del Ponte, lungo la riva squillacese del fiume Alessi-Pellene: una serie di ruderi e insediamenti murari, finora ignoti, venuti alla luce in seguito ad un incendio precedentemente divampato nella zona.
Una scoperta che potrebbe ricondurre, con una rilevante percentuale di probabilità, al fatto che l’ubicazione del celebre “Vivarium” di Cassiodoro, la prima università dell’Europa cristiana o gran parte di essa, si trovava nella pianura del leggendario e “piscosus Pellena”, secondo la descrizione dello stesso Cassiodoro, sbloccando finalmente dopo secoli la via per far mettere agli studiosi una parola possibilmente definitiva.
L’area, di circa tre ettari, è costituita da due distinti insediamenti, di cui uno è costituito da canali, ricettacoli e vasche più o meno consistenti, e l’altro, fatto di opere murarie più solide, è a servizio di una sorgente a cascata di acqua e di notevole portata, sita a poca distanza dalla cosiddetta “gurna d’a villicedha”.
Stimolati ed incuriositi, gli escursionisti squillacesi hanno parlato del ritrovamento a quanti ne hanno interesse o responsabilità, sollecitando le spiegazioni necessarie ad esperti della storia e della geografia locali.
Secondo lo studioso Guido Rhodio, ex sindaco e già presidente della Regione, «si tratta di un avvenimento di grande interesse storico».
Studiosi ed esperti – ha aggiunto – da secoli si dibattono per stabilire in modo possibilmente certo l’ampiezza degli insediamenti cassiodorei e delle strutture a servizio della città romana di Scolacium. Ora ci sovvengono questi elementi dell’archeologia, che vanno ovviamente approfonditi e studiati, ma che possono costituire una buona traccia per conclusioni definitive».
Sulla vicenda Rhodio indica due ipotesi: la prima riguarda la collocazione topografica della chiesa di S. Ilario, dirimpettaia a quella di S. Martino, ed anche dei “canali, chiuse, vivai, mulini” che Cassiodoro descrive con precisione nelle “Institutiones”, cioè strutture che facevano tutte parte del “Vivarium”; la seconda è riferita alla lapide, ora murata nel municipio di Squillace, relativa alla ricostruzione dell’acquedotto per la città romana di Scolacium realizzato dall’imperatore Antonino Pio, da interpretare attraverso l’iscrizione composta dal letterato Saverio Mattei, di Montepaone, che documenta con chiarezza, nel 1763, che la lapide fu rintracciata nel fondo dei Pepe, ubicato nella zona (“ad ripas fluminis effossum”) che coinciderebbe con l’odierna scoperta delle sorgenti e dei ruderi.
Per i necessari approfondimenti storici e soprattutto per la salvaguardia, la tutela e la valorizzazione del sito scoperto, lo stesso Rhodio ha informato la Soprintendenza archeologica di Reggio Calabria, il dipartimento “Cultura” della Regione, il commissario prefettizio di Squillace e i comandanti locali dei carabinieri e dei vigili urbani, oltre alle istituzioni culturali del luogo.

Salvatore Taverniti

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