Il prof. Francesco Zofrea, preside in pensione, emozionato per la lettera del fratello dal fronte

Il sacrificio di mio fratello e di tutte le vittime della guerra serva come esempio: che mai più si possa riprodurre un simile disastro».

Grandi occhi azzurri. Occhi lucidi per le lacrime versate nel corso dei 75 anni che separano l’invio e il recapito della lettera del fratello Giuseppe dal fronte in Russia. Francesco Zofrea, preside in pensione, a 96 anni, ha ricevuto la lettera del fratello diciottenne scritta il 16 novembre 1942 sulle rive del Don, dove era stato inviato, da soldato, con l’Armir.
Gliel’hanno recapitata i responsabili della Pro loco: Agazio Mellace, del direttivo dell’associazione turistica,  nell’ambito di una ricerca che sta eseguendo insieme a Guido Rhodio e Nunzio Pipicella. «Stiamo preparando un volume – afferma Mellace – in cui ricostruiremo la biografia dei soldati squillacesi che hanno preso parte al Risorgimento e alle due guerre mondiali: di molti stiamo raccogliendo le lettere inviate ai parenti, le foto ed  i documenti».

Il preside Zofrea si è detto doppiamente emozionato, sia per avere ricevuto la lettera del giovane fratello, anche se dopo tanti anni, sia perché “Gazzetta del Sud” ha voluto far conoscere la vicenda a tutti. «Quando mio fratello – racconta – partì per la campagna di Russia, mi trovavo in seminario a Reggio Calabria, dove studiavo. Sono stato fortunato perché fui esonerato dal servizio militare. Appresi lì della sua partenza.  Ma era naturale che avessi il corpo in Calabria e la mente in Russia.
Mi logoravo nel sentire le difficoltà del corpo di spedizione italiano in Russia: quei poveri ragazzi sulle rive del Don cosa dovevano fare? Come passavano le giornate? Alla fine mi dovetti rassegnare, quando vidi che non tornò insieme agli altri combattenti». «Alla fine della guerra – prosegue – ai reduci che arrivavano a Squillace chiedevo se avessero visto mio fratello, ma nessuno mi ha saputo dire nulla. Mi rassegnai: Giuseppe doveva essere morto in una maniera orribile.  Sono annichilito nel pensare a questa orrida morte, senza che nessuno, un connazionale o chissà chi, mi abbia dato notizie di mio fratello».
Per tanti anni Francesco ha convissuto con questo pensiero. «Ora che ho ricevuto la lettera – rivela – l’ho letta e riletta, trepidante, ma anche con un pizzico di soddisfazione, perché finalmente dalla Russia almeno un foglio di carta scritto da mio fratello mi è giunto. Avevo pianto e sofferto tanto per lui, ora ho pianto lacrime di gioia. Certo, se mi avessero indicato il sito in cui ha operato ed è morto Giuseppe, sarei andato, magari per dire una preghiera».
Infine, un amaro commento e un augurio. «Come – sottolinea Zofrea – si è potuto mettere in atto questa guerra? Avevamo tutto il mondo contro. Ricordo quei momenti di ristrettezze economiche e di paura con tanta pena nell’anima. Mi auguro che il sacrificio di mio fratello e di tutte le vittime della guerra serva come esempio: che mai più si possa riprodurre un simile disastro».

Salvatore Taverniti

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