Le “case di Cassiodoro” potrebbero indicare il sepolcro di Cassiodoro
Forse le “Case di Cassiodoro”, a Squillace, non sono un’invenzione locale. Uno studio del professore Fabio Troncarelli, dell’Università della Tuscia di Viterbo, ipotizza che potrebbero indicare il sepolcro del grande umanista, statista ed asceta cristiano Flavio Magno Aurelio Cassiodoro. Lo studio, apparso sulla rivista “Litterae caelestes”, è dedicato ad un pittore del tutto sconosciuto, attivo a Vivarium nel VI secolo come miniatore revisore di testi, Eusebio di San Pietro in Armentario (Ravenna). Troncarelli rileva, anche sulla base di foto eseguite a raggi ultravioletti ed in parallelo con l’epigrafe esistente a Squillace, che in margine a una “Cronaca”, che arriva fino al 592, Eusebio ha scritto, in caratteri piccolissimi, accanto all’anno 577, la frase riferita a Cassiodoro che fece costruire un monumento sepolcrale per sé, mentre era ancora vivo: il santo Cassiodoro Senatore volle avere un sepolcro
. L’affermazione di Eusebio è senza precedenti e riveste un particolare interesse per gli abitanti di Squillace perché il sepolcro di Cassiodoro viene chiamato alla latina “aedes”, una parola che vuol dire sia tomba, sia casa: la traduzione si può rendere anche come “sepolcro di Cassiodoro”.
Se ciò fosse vero verrebbe confermata, secondo lo stesso parere di Troncarelli, l’intuizione dello studioso squillacese Lorenzo Viscido, il quale pensava che quella che ancora oggi viene chiamata “casa di Cassiodoro” potesse essere ciò che resta del monastero del “mons castellum” cassiodoriano, costruito a Squillace. La presidente dell’Istituto di studi su Cassiodoro, archeologa Chiara Raimondo, e il presidente onorario Guido Rhodio esprimono vivo interesse per questa importante notizia culturale, assicurando ogni possibile collaborazione dell’istituto per l’approfondimento della ricerca. «Queste suggestive ipotesi sulla localizzazione del sepolcro o casa di Cassiodoro, vista la natura delle fonti entrambe indirette dal punto di vista archeologico-topografico – puntualizza la Raimondo – per essere sostanziate necessitano di approfonditi riscontri archeologici, allo stato attuale della ricerca del tutto assenti.
Si preannuncia, quindi, un grande fervore di ricerche a tutto campo per i “luoghi di Cassiodoro” che l’istituto intende promuovere attraverso la propria attività scientifica».
Salvatore Taverniti (Gazzetta del Sud, 13 maggio 2021)
Continuo a restare del parere che le “aedes Cassiodori” citate dal Lottelli e corrispondenti a quelle indicate con l’espressione “mo(nach)i… opera” nell’epigrafe di Matteo de Alemagna siano, come ho già dimostrato nel lontano 1999, strutture monasteriali della “congregatio” castellense. L’ipotesi “sepolcro” avanzata dal Troncarelli, pertanto, non mi convince, come non mi convince nemmeno l’altra, “sepolcri”, che si creerebbe qualora seguissimo l’ipotesi dello studioso appena menzionato. “I sepolcri di Cassiodoro”? O mio Dio! Quanti ne avrebbe avuti l’ex ministro di Teodorico?
Certamente non sarebbe “illogica” la sepoltura di Cassiodoro nelle sue cosiddette “case”, ma definirei tale l’interpretazione “sepolcri” che si darebbe al termine “aedes” nel caso accogliessimo l’ipotesi del Troncarelli. Se il Lottelli avesse voluto parlare di “sepolcri” di Cassiodoro e di altri, non avrebbe scritto “aedes Cassiodori”, ma si sarebbe servito di uno sintagma diverso che potesse indicare anche suoi illustri antenati (“Cassiodororum”). Insomma non avrebbe senso scrivere “sepolcri di Cassiodoro” per far capire che vi erano stati sepolti lui e suoi avi. In tal caso si sarebbe mutato il genitivo singolare “Cassiodori” in “Cassiodororum” (cfr., ad es., “in sepulcro Scipionum”: Cic., Arch. IX, 22) o al “Cassiodori” si sarebbe aggiunto qualcos’altro. Io sono di questo avviso, ma ognuno è libero di pensarla a modo suo. Di diversa natura è, invece, il discorso concernente il fatto che nella zona vicina alle “case” in questione siano stati rinvenuti sepolcri.
Quanto, poi, alla “tomba libertatis” (termine, il primo, utilizzato al posto del corretto sostantivo “tumba” quale si legge, ad es., in Prudenzio o San Girolamo), questa espressione andrebbe approfondita non nel suo più consueto significato negativo di “oppressione”, “sottomissione”, ma in quello di tomba che dà o conserva una libertà che altrimenti non è possibile (penserei ad una frase tipo “amata patria, tu sarai la tomba della libertà”, cioè “morirò per te, o patria, e in tal modo non diverrò schiavo di chi ti opprime”).
Circa, infine, l’interpretazione che il Troncarelli ha dato a quel che si legge nel Reg. Lat. 2077, manoscritto a quanto pare vivariense, in tutta sincerità non la condivido appieno.
LORENZO VISCIDO
A scanso di equivoci va rilevato che il frate Lottelli, erroneamente chiamato Locatelli dal Troncarelli, parla di “aedes” al plurale (“aedes Cassiodori a civibus nuncupantur”: f. 55r), termine che significa, appunto, “case” e che costituisce una “variatio” del sostantivo “opera” (plurale di “opus”) quale si legge nell’epigrafe in questione. Per il Troncarelli “aedes” indica qui un sepolcro. Tuttavia, se si segue la sua tesi, dobbiamo pensare a “sepolcri” e non a “un sepolcro”. Credo, invece, che con l’espressione “aedes Cassiodori” il Lottelli rielabori quella contenuta nella citata epigrafe: “mo(nach)i […] opera” (“le case del monaco”). Il fatto, poi, che in queste “case” potesse trovarsi la tomba di Cassiodoro è un altro discorso.
Per ulteriori dettagli cfr. L. Viscido, Su una epigrafe squillacese del 1522: proposta di lettura e interpretazione di un testo latino, contributo all’identificazione del cassiodoreo “mons Castellum” nel colle dell’odierna Squillace, in “Vivarium Scyllacense” 10, 2 (1999), pp. 13-40.
Lorenzo Viscido