La festa dell’Immacolata nel  1700 a Squillace  

Far rivivere un’antica tradizione  che si svolgeva il giorno dell’Immacolata a Squillace e che ormai da tantissimi anni non si ripete , a tal punto che si erano perse le tracce di questo grande avvenimento che comunque,  già nel 1756, viene riportato nelle cronache squillacesi.
La tradizione si perde nella leggenda popolare, per cui le luminarie ed i falò avrebberoLa funzione di far asciugare i panni che la Madonna ha lavato in preparazione della nascita del figlio “, oppure “ si illumina a giorno, per rischiarare il percorso – così vuole la tradizione – della Santa Casa di Nazareth”.
Certo è che “… dopo la peste del 1656, tutti i comuni della provincia (…) per ordine del governatore D. Francesco Velasquez, fecero pubblico istromento con la Madonna, con cui si promettea: 1) digiuno nella vigilia; 2) confessarsi e comunicarsi; 3) fare la processione; 4) fare tre dì di luminarie; 5) digiunare ogni sabato e astenersi ogni venerdì dai cibi pasquali…
(
Padula Vincenzo, Calabria prima e dopo l’Unità, Laterza, Bari, 1977, pag. 26.)

La Festa dell’Immacolata nel 1700 a Squillace  

Un appuntamento  particolarmente importante, per gli appartenenti alla Confraternita dell’Immacolata, era la celebrazione della festa della Madonna che si svolgeva allora, così come ancora oggi, l’otto di dicembre.
Era una giornata in cui tutte le energie dei confratelli venivano spese affinchè la celebrazione, sia religiosa che civile, riuscisse in pieno e avesse anche un primato di spettacolarità nei confronti delle altre confraternite .
La festa esprimeva, quindi, tutto l’impegno  dei confratelli, la loro dedizione alla confraternita ed al culto della Madonna Immacolata e, pertanto, doveva essere preparata  nei minimi particolari.
Aveva però bisogno di un supporto economico non indifferente e perciò  durante l’anno, attraverso varie iniziative, si metteva da parte il necessario per poter affrontare le notevoli spese per la festa.
I confratelli effettuavano almeno tre volte all’anno la questua del funicello  o cucuju  o sirico ( baco da seta ) per tutte le case del paese. Allora la coltivazione del baco da seta  era assai comune sia a Squillace che nel circondario tant’è che la questua , talvolta, avveniva anche  nei paesi vicini. Il funicello, così raccolto,  veniva lavorato a seta e venduto, oppure si utilizzava  per comporre drappeggi per abbellimento della cappella della madonna.
Si praticava anche  la questua del grano, che veniva raccolto in una sportella (1). 
La questua dell’olio, invece,  avveniva in diversi momenti dell’anno: il giorno della festa un confratello sostava davanti alla porta del vescovato per raccogliere l’elemosina e lo stesso avveniva la notte di Natale. L’olio si  raccoglieva  in una  lancella  (2) ed in seguito veniva venduto o utilizzato per opere di pietà … per venti cafisi (3) di oglio fatto alla questua , delli quali sei si consumarono alla lampa dell’Anno 1750 e 51, cafiso uno alla novena dell’anno passato 1750 ed altra novena dell’anno 1751, cafisi tre restarono per la lampada del corrente anno 1752, cafisi dieci si sono venduti a carlini dieci.
Non erano solo queste le entrate della confraternita, c’erano anche il ricavato dell’affitto di due case in località ” Porta Giudecca ” (4) e il fitto di un orto attaccato alla Chiesa (  si tratta dell’orto tutt’ora esistente accanto alla chiesa dell’Immacolata ); c’erano gli introiti dei voti di cittadini o di qualche benefattore devoto alla Madonna  e anche quelli derivanti dall’incanto dello stendardo della Madonna che avveniva, non solo in occasione della festa, ma anche  in altre festività ( nella festa di Sant’ Agazio , di S. Antonio, nel mese di Maggio e a Pasqua).

La festa dell’otto dicembre era preceduta dalla celebrazione, nella propria cappella, dei dodici mercoledì ,con la messa cantata , talvolta accompagnata dal suono della viola o dell’organo e annunciata dagli spari di  folgori.
La novena aveva inizio con l’ottavario e si svolgeva in chiesa dove , ogni giorno,  si assisteva ad un panegirico molto spesso officiato da un padre domenicano, che introduceva la messa cantata.
Durante i tre giorni precedenti la festa alcuni tamburini, spesso provenienti da Centrache e Olivadi, giravano per il paese suonando e annunciando la celebrazione dell’ottavario, mentre la sera, dopo la celebrazione della messa, si facevano bruciare in piazza le luminarie… pagato  per tre somi di  frasca per li luminari  le tre sere precedenti alla festa .Pagato per li lumaricchi per la piazza e per il Sedile per li tre sere precedenti la festa.
Intanto fervevano i preparativi per rendere la piazza cittadina adeguata all’occasione, e così si costruivano artigianalmente  le lanterne che venivano poste lungo tutta la piazza e servivano anche per illuminare il ” Sedile della Piazza“(5).

LA PIRAMIDE DI FUOCO

La parte più importante ed impegnativa era, però, la costruzione della Piramide di fuoco  altrimenti detta castello o  machina. Si trattava di una poderosa costruzione in legno, collocata nella parte centrale della piazza della città  che richiedeva …dieci taccoli (6) comprati per fare li tilaretti (7) del castello a grani (8)undici,….per  quattordici segoloni (9)che bisognarono al castello per ligare li antoni (10), per porto e trasporto di dodici travi per fare il castello di fuoco…  per dodici passaletti (11) per li gattoni (12)del castello…per affitto di 80 tavole…per 8 cervoni (13)  che si serrarono per la piramide… per porto e trasporto di ottanta taccoli (14) di S.Chiara di Mastro Domenico Casadonte, che bisognarono per la piramide e per l’orchestra delli musici, per affitto di 25 taccoli per il castello di fuoco pagato al sig. D. Vincenzo Catrambone .Era anche necessaria  la costruzione di un andito per poter salire sulla piramide… per fare li anditi al castello accordati a muzzamenti con Mastro Giovannello e Gregorio Falcone.
Nella parte superiore della piramide veniva costruito un baldacchino, dove si collocava un quadro raffigurante l’immagine della Madonna.
La piramide di fuoco veniva  interamente  ricoperta con carta e spesso si  incaricava un pittore locale per eseguire pitture di carattere religioso. ” A Pietro  Anoja   per fare angioli per la Piramide… pagato al pittore Anoja per fare due giudici e angioli nella piramide carlini 38 .
Tutt’intorno la piramide veniva illuminata da centinaia di candele…  per sfrido di rotoli sessanta di cera che bisognò per la piramide… (15) e venivano fissate le girandole per i fuochi d’artificio in modo tale da renderla un vero  castello di fuoco.
Per completare tutta l’opera erano necessari 8 giorni di lavoro che impegnavano decine di persone ed una quantità enorme di legname, che alcune volte, per risparmiare, si prendeva in affitto.

LA FESTA

Finalmente arrivava il giorno della festa, la Madonna veniva portata in processione dalla sua cappella nella Cattedrale , attraverso le vie del paese. La processione vedeva al suo seguito il Vescovo e il Capitolo della Cattedrale  con  tutto il clero, i seminaristi ,  circa 90 confratelli con  sacco e mozzetta, i musicisti, alcune volte anche di Squillace.
L’uscita della Madonna, dalla sua cappella, veniva salutata da centinaia  di fuochi d’artificio veramente imponenti, come risulta dal rendiconto reso nel Libro dell’Introito …polvere per il Castello di fuoco, per  sette rotelle, folgoroni  30, folgori 400, e mezzi folgoroni 90, e 81 rotoli di polvere  per li maschi per la città  a carlini 4 il rotolo, ducati 32″ …per 16 rotoli di spaco per l’artifizio di fuoco , per cinque rotoli di pece per il detto artificio di fuoco, per un rotolo e un quarto di bambace per farsi li mini ecc.
Lungo le vie del paese, sul percorso della processione, venivano piazzati tanti maschi che lanciavano in aria i fuochi d’artificio, procurando un forte rumore che accompagnava la statua al suo passaggio. ( Esiste, ancora oggi,  a Squillace la famiglia dei  “maschiari” ).  La processione proseguiva lungo le stradine tortuose della città e arrivava al ” Piano del Castello” dove la Madonna veniva accolta da un’altra batteria di fuochi d’artificio di circa …200 folgori…
Dal “Piano del Castello”, la processione, passando davanti alla Chiesa di S. Pietro  proseguiva verso la Chiesa di S. Giorgio e quindi attraverso l’attuale Salita Rhodio passava davanti alla chiesa di S.Nicola e dei Santi Apostoli(16)  e giungeva in Cattedrale, qui i fedeli assistevano al panegirico e alla  solenne messa cantata, quasi sempre officiata dai Padri Domenicani.

CONCLUSIONE

La festa non era  ancora finita perchè la sera , dopo il canto del Te Deum e la benedizione del Vescovo, la Madonna  veniva portata in processione per la piazza, dove tutto era stato già predisposto.
Il castello di fuoco, si presentava in tutta la sua imponente  bellezza e grandiosità, interamente illuminato da centinaia di candele, la piazza e il Sedile con le numerose lanterne,  i musici sul palchetto ai piedi della piramide e infine i fuochi d’artificio, girandole e fontane accesi sul castello di fuoco, creavano un’atmosfera davvero suggestiva che concludeva in maniera superba la festa della Madonna Immacolata.

             Agazio Mellace

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