La casa d’accoglienza “Il Golfo” fa il primo bilancio della seconda annualità del progetto

Ultimi giorni dell’anno e si comincia a tirare il primo bilancio della seconda annualità del progetto messo in campo dalla casa di pronta accoglienza “Il Golfo”, gestita a Squillace dalla Fondazione “Città Solidale”.
Un progetto approvato e finanziato con l’otto per mille dalla Cei e realizzato grazie alla Caritas, con l’approvazione ed il sostegno dell’arcidiocesi di Catanzaro-Squillace e dell’arcivescovo metropolita mons. Vincenzo Bertolone.
La “casa” squillacese è destinata a soggetti che vivono una situazione di difficoltà e disagio sociale ed economico: uomini e donne, italiani e stranieri. Può ospitare fino a dieci persone contemporaneamente, in forma residenziale, con servizio offerto tutti i giorni per tutto l’anno. Quest’anno il progetto ha visto impegnata un’équipe di cinque professionisti, che si son presi cura di ben 93 persone di diversa nazionalità (dato aggiornato al 14 dicembre 2014).
Le persone accolte, oltre a provenire dalla zona ionica catanzarese e da diverse regioni italiane,  provenivano dalla Romania, Bulgaria, Marocco, Polonia, Egitto, Sierra Leone, Nigeria, Ghana, Tunisia, Scozia, Ucraina, Bangladesh, Senegal, Isole Mauritius, Afghanistan, Mali. Per loro, un tetto sotto cui dormire e pasti caldi, ma anche il sostegno necessario per superare le  difficoltà.
Un aiuto multiculturale che ha permesso di organizzare anche un centro di documentazione per immigrati e che, di certo, non ha dimenticato altre categorie di “ultimi”, come donne che hanno subìto violenza, e i loro figli a volte anche piccolissimi di età.
«La casa d’ accoglienza “Il Golfo” – spiegano i rappresentanti dell’équipe – ha svolto anche un servizio mensa, rivolto a persone indigenti esterne alla struttura, con circa trenta pasti settimanali, tre corsi di formazione per volontari e la costituzione di una cooperativa che vedrà protagonisti soprattutto soggetti svantaggiati».
Un lavoro reso possibile anche grazie alla rete creata sul territorio con i servizi sociali dei comuni della zona, con l’Asp, il Centro di salute mentale, i vari uffici della Questura, Prefettura, amministrazione regionale, provinciale, uffici scolastici e organizzazioni del privato sociale. Un’altra peculiarità del progetto è stata quella di poter accogliere direttamente, senza cioè passare per i servizi preposti, persone in difficoltà giunte spontaneamente a bussare alla porta della struttura per chiedere sostegno ed accoglienza.
«A tutti la Fondazione – osservano gli operatori – ha potuto offrire un clima “affettivamente caldo”, assistenza morale, sociale, religiosa ed il sostegno materiale che è stato possibile.
Una famiglia “allargata”, quella della casa di accoglienza “Il Golfo”, ma pur sempre una famiglia che, seppure per periodi più o meno definiti, ha contribuito a far rinascere la speranza in tante persone e rigenerato in loro la voglia, l’impegno e la determinazione a “ri-prendere” in mano la propria esistenza ed orientarla verso mete più positive». 

Salvatore Taverniti

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